Ne parlavo giusto con Te



Ti è mai capitato di fantasticare sulla persona che ti passa avanti di corsa, dimenandosi con mille borse, o sul vecchietto che con lo sguardo perso nel vuoto sembra proiettare le immagini della sua giovinezza dai suoi occhi? Io l'ho fatto e lo faccio ancora. E quando nel farlo ascolto una canzone il viaggio continua e prende vita.



giovedì 25 dicembre 2014

> Regali futuri e non presenti






Ero uscito con una scusa dopo quel turbinio di portate e parenti: sazia era la pancia e ancora più la testa.
Così, buttata l'immondizia nel cassonetto alla fine del vicolo, non restava che accendermi una sigaretta e spegnere il cervello.
Il Natale era per me un insieme contrastante di idee e non riuscivo a viverlo allo stesso modo ogni anno.

Odiavo il bombardamento di pensieri, la fretta e il sentirmi obbligato quando nei giorni che precedevano il cenone era come se dovessi comprare dei pacchetti colorati e non dei regali. 

Amavo scaldarmi e farmi scaldare da un corpo più sinuoso del mio che avrei baciato tutta la notte come se ci fosse fra di noi un continuo scambio di doni estremamente azzeccati e desiderati. 

Rispettavo le tradizioni per poter continuare a sentire vicino tutti coloro che qualche anno prima sedevano con noi e che ora lo fanno, ma qualche piano più su. 

Sopportavo per quieto vivere ogni domanda o affermazione legata al mio futuro prossimo evitando di ricordare ai vari parenti che la festività che stavamo vivendo era Natale e non Capodanno, che invece fa del legame col futuro il suo cavallo di battaglia. 

Godevo nel ripulire ogni piatto che mi veniva servito, perché mangiare non é soltanto una forma estrema di piacere, ma anche veder sorridere mia madre e mia nonna fiere del loro lavoro ai fornelli. 

Pensavo, riflettevo e rimuginavo a tutti i fatti accaduti a partire dallo scorso inverno e a quello che invece sarebbe potuto accadere. E ora posseggo quella certezza che mi permette di poter dire che se qualcosa ieri é accaduto, domani é un giorno diverso e non c'è motivo per cui non potrà esserci qualche altra novità. 

Ed é proprio per questo che il Natale piace e non piace, perché si lega indissolubilmente ad episodi e ricordi della nostra vita, siano questi belli o brutti. 

Il 25 dicembre é una data come le altre ed è proprio per questo che dobbiamo voler decidere di stare bene sorridendo anche alla zia che, dopo solo due numeri estratti, urlerà "Terno!" a squarciagola.



E.R.




domenica 21 dicembre 2014

> Il Ritorno di Max



Musica consigliata: " Istrice - Subsonica"



Pomeriggio festivo, due luci rosse infuocate accecano la vista di Max, imperturbabile nel suo lavoro.
Se la prima si abbassa nascondendosi dietro i palazzi più lontani dopo aver lavorato per l'intera giornata, l'altra scompare dalla struttura del semaforo dando il via ad un caotico quanto invernale intreccio di auto utile a rendere ancora più effervescente il più naturale dei periodi dell'anno.
Max in quell'incrocio passava più tempo che a casa.
Maglietta a righe bianche e verdi, cappello improbabile e palline, clavi o cerchi che volteggiavano nel cielo disegnando, tra lo stupore di coloro che in quel momento non stavano controllando i messaggi sul telefono, risposte ai dubbi della vita come trovare idee per i regali di Natale.
Si sentiva libero e leggero come ogni oggetto che lanciava in aria.
Se qualcosa gli fosse scivolato cadendo per terra, compromettendo quel magico volteggiare, sapevo che non avrebbe dato segni di cedimento né inventato scuse, ma che avrebbe tirato fuori dal cilindro un gran sorriso, una freccia ancora più penetrante ed efficace delle altre capace di affondare bene in queste situazioni.
Accanto a lui in quei pomeriggi gelidi c'era l'amore per quello che stava facendo.
Questo osservava tutte le dinamiche, mettendosi le mani nei capelli e sorridendo ad ogni imprevisto.
Cresceva ogni giorno di più grazie a quel passionale modo di fare e alle attenzioni che gli venivano dedicate.
Max si innamorava ogni giorno e anche più di una volta.
Persone, lavoro e scene che gli si palesavano, erano soggetto e oggetto dei suoi sentimenti e lui come un bravo Babbo Natale riusciva a condividere queste sue emozioni lasciandole ben infiocchettate a tutti coloro che mostravano di aver fede.
A volte la coccarda non era dritta, la carta si strappava e lo scotch si vedeva un po' troppo in quei suoi presenti, ma in fondo come si poteva pretendere più di tanto da un giocoliere di emozioni?




E.R.



domenica 14 dicembre 2014

> Er principe



Musica consigliata: " Daniele Silvestri - A bocca chiusa"


Je dicevano ch'era nfiore non pe li colori che ogni giorno esartava con quel suo corpo splendido, ma pe la freschezza e l'odore che regalava a tutti quelli che je donavano 'no sguardo.
S'arzava la mattina presto e piena d'energia s'arimboccava le maniche e non se fermava più se non pe tirá fuori 'n fazzoletto e sistemasse 'n attimo.
Era bella, era 'no spettacolo.
Mai 'n segno de cedimento o un vestito fuori posto, c'aveva 'n senso de sobrietà che avrebbe fatto 'nvidia alla regina der castello e ancora de più avrebbe fatto girá la testa ar principe.
Er colore delle labbra suo era der più tenue pastello rosa, eppure quelle du fessure erano così carnose che tanti omini c'erano morti dietro che manco le mosche.
Era femmina anche co li piedi che camminavano uno 'nnanzi all'altro che 'n tappeto rosso sarebbe servito solo a sminuilla.
Quanno poi er cielo era griggio, come oggi, sentivi proprio l'esiggenza de avella a te.
E se te capitava de vedella bene, altrimenti fingendo de cammina lá vicino a casa sua, provavi a intravedella tra na persiana e 'n infisso, e quando succedeva er core tuo gridava de gioia, perché nun ne poteva fa' a meno, e finalmente s'era saziato de sentimento.




E.R.



domenica 7 dicembre 2014

> Anche tu vuoi Nuvole Nuove?


Musica consigliata: "The Monster - Eminem ft. Rihanna"



Guardo scorrere le nuvole dal finestrino posteriore e un po' per le poche ore di sonno e un po' come conseguenza di una fisica con la quale non era mai scattata la scintilla, non capisco se sono loro, che leggerissime corrono via dalla mia macchina, o io che sfreccio in direzione opposta verso la mia destinazione.
Vedo animali, persone e amici dentro quelle bianche spumose che spesso mi ricordano lo sfondo del computer che tutti avevamo qualche anno fa.
Era uno scenario paradisiaco con delle colline di un verde così acceso da non essere presente nemmeno nella scatola dei colori delle medie, quella ricca di ogni gradazione.
"Direzione Bologna" lampeggia il navigatore che con la sua voce metallica smorza ogni mio sogno, risvegliandomi e ricordandomi di un fastidiosissimo formicolio al piede.
Guardo Fra accanto a me, salita in macchina in compagnia del solito brio e che piano piano si è lasciata andare sulla mia spalla mentre cercava l'AUX nella borsa per proporre le nuove canzoni appena scaricate.
Amavamo girare, amavamo le cose nuove, amavamo vedere le reazioni degli altri e imparare a sbagliare quando non ne capivamo la previsione che avevamo ipotizzato.
Capitava spesso di girare la nostra Italietta nei weekend finali del mese.
Ogni volta ricominciavamo da capo io e lei.
Eravamo quelli che si odiarono a Trapani, quelli che fecero l'amore a Brindisi, che si abbuffarono a Torino e si annoiarono a Ravenna.
Ci vedevamo il venerdì nel solito pub, raccoglievamo qualche idea e poche ore dopo eravamo puntuali all'appuntamento col ride-sharing di turno, pronti a scoprire chi ci avrebbe accompagnato alla meta e come sarebbe andata a finire anche quella volta.
Pausa in autogrill.
"Un cornetto, un cappuccino e una rustichella a portar via".
Quest'ultima è per lei che era rimasta in macchina e che fra qualche minuto, ringraziandomi, mi avrebbe riempito di briciole sorridendo e divorando quella mezzaluna al pomodoro.
Ormai siamo svegli e mentre il proprietario della macchina continua la sua chiacchierata al telefono durata tutto il percorso, noi ridiamo guardando le foto dell'estate scorsa sul suo telefono e ascoltando finalmente le canzoni scaricate che devo ammettere non sono poi così male.
Ci vogliamo bene, lo vediamo noi da dentro e lo vedono gli altri da fuori.

Con maggiore volontà avremmo dovuto definire quel nostro rapporto, ma forse così facendo saremmo solo andati ad alterarlo, non lasciando libero di muoversi e di evolvere come facevano le nuvole ancora alte e bianche nel cielo.




E.R.



domenica 30 novembre 2014

> Work hard, Play hard, Win harder








Capita spesso di essere in gruppo e dover tirare fuori un'idea saporita e coinvolgente a tal punto da poter accontentare tutti.
Pre-vacanza: bisogna trovare la meta del prossimo viaggio all'insegna di relax e divertimento. 
"Italia!","Crociera!","Capitale europea!". 
Come succede di frequente, ognuno farà la sua proposta certo del fatto che quella prima opinione risulterà vincitrice.
Con questa convinzione ci si blocca alle prime soluzioni e non si riuscirà ad arrivare molto lontano, limitando drasticamente la nostra fantasia ed eventuali obiettivi futuri.
Quanto sarebbe bello riuscire a essere, quantomeno in un primo momento, svincolati dalla propria idea e continuare a far viaggiare la propria mente?
Immaginiamo di avere avanti a noi un cumulo di terra e di versarci sopra lentamente un bicchiere d'acqua.
Non ho la possibilità di prevedere dove questa defluirà per scendere alla base, non è calcolabile. 
Rifacendosi all'esempio precedente sui viaggi invece, dopo aver versato il liquido, questo percorrerà delle strade che già le esperienze passate hanno solcato, rendendo i tragitti prevedibili e individuabili prima ancora di essere effettuati.
Solo i bambini, digiuni da esperienze, vivono secondo il primo caso: distaccati quanto basta per vivere ogni situazione nuova lasciando che questa ti arrivi addosso e ti coinvolga senza preconcetti.
Immaginiamo di dover lavorare per un torneo di tennis a cui sono iscritti 256 partecipanti e di dover stabilire quanti incontri vengano disputati.
Pensando a semifinali, quarti e sedicesimi quello che ci viene da fare é iniziare ad operare con divisioni e moltiplicazioni per poi sommare tutto fino ad ottenere il numero richiesto. 
E se invece la pensassimo Diversa.Mente.? Come farebbe un bambino?
Per essere escluso dal torneo mi basta perdere un incontro, so che ho un solo vincitore fra i 256 partecipanti: avrò 255 partite disputate pari al numero degli esclusi. 
Un pensiero semplice e alternativo che porta alla soluzione con il minimo sforzo.
Proviamo ad unire con quattro tratti continui 9 puntini disposti su tre colonne per tre righe ( Immagine ).
La soluzione è anche qui non immediata e, come in precedenza, la non-esperienza può aiutare.
Fissati al concetto di quadrato, ne percorreremo i lati e le diagonali senza trovare però la soluzione che invece ci viene immediatamente regalata scordandoci della figura geometrica e uscendo dai suoi confini.
Eliminare gli stereotipi, approcciare ogni giorno ritarandosi e avendo l'abilità di viverlo senza complicazioni passate non é di certo facile, ma la teoria degli alibi che ogni giorno creiamo per affrontare gli ostacoli che ci si pongono avanti ci comporta lo stesso dispendio di energie.
Voglio vivere come un bambino, per averne la stessa serenità, urlando "Tana libera tutti!" e non pensando a come si posizionerà la mia ruota dopo aver girato.




E.R.





domenica 23 novembre 2014

> Un Accordo sparato nelle vene


Musica consigliata: "Alzo le mani - Fabi Silvestri Gazzè"



Stavolta partiamo dalla fine.
Gli strumenti e le voci si fermano per la prima volta e anche se ormai il pubblico sa che i suoi idoli ritorneranno per le ultime canzoni, dopo la più classica delle finte, si sbraccia saltando e urlando a gran voce, incitando cantanti e strumenti a rimanere, proprio come farebbe un bimbo che lasciato sulla soglia del portone della scuola non permetterebbe mai al suo genitore di andar via, avvinghiandosi alla sua gamba e scoppiando in un pianto fragoroso pur di averlo a se'.
Eccoli, sono loro, rientrano e sanno che dovranno riconquistare sia il pubblico delle poltroncine, composto da quelli che hanno staccato da lavoro e sono arrivati giusto in tempo per la prima canzone della scaletta, che quello formato dai più grandi fans.
Per questi ultimi "il Concerto" si vive davvero solo in parterre, ed è preceduto dalla necessaria e interminabile fila in compagnia dello zainetto pieno di ogni ben di dio e delle bottigliette senza tappo che anche questa volta non riusciranno mai ad uccidere nessuno.
É il concerto dell'idolo di una vita, quello legato ai bei ricordi.
Alla canzone del primo bacio e a quella dell'ultimo, alle notti felici con gli amici e all'adrenalina necessaria prima di entrare in palestra.
Eccoli rientrare sul palco, tutti pendono dalle loro labbra e sperano possano parlare di ciascuno di loro nella prossima canzone.
"Ha guardato proprio me! Lo hai visto? Aspetta aspetta che ora si rigira!"- esclameranno prima o poi tutti prima che venga suonato l'accordo finale.
Il concerto è stato un successo, e sono riuscito a fare tutto ciò che mi ero ripromesso.
La chiamata con dedica ad Angela e alle sue lacrime, la registrazione di quella canzone che meglio di un oroscopo aveva predetto come sarebbe andata a finire la nostra storia e centinaia di foto, che non mi hanno impedito però di riuscire a godermi ogni momento e forse lo hanno anche arricchito.
La musica da sempre gioca un ruolo fondamentale in ogni episodio di quella fiction reale che amiamo vivere.
Ne apprezziamo fedeltà, e magia.
Inserite quelle cuffiette e premuto il tasto a freccetta, ci spedisce ogni volta in quel limbo nel quale, sollevato dalle mie realtà, posso sempre staccare la spina e tirare qualche boccata d'aria pulita.
Così quando assistiamo ad una performance dal vivo, alcune corde vengono pizzicate anche meglio del solito e dentro di noi draghi, farfalle e scimmiette si preparano ad una mobilitazione generale di quelli che sono i nostri soliti ragionamenti, rivoluzionandone un ordine disordinato e mettendo ora davvero tutto sottosopra.





E.R.



domenica 16 novembre 2014

> Mettere a fuoco, ma senza mai bruciarsi




Musica consigliata: "The Ramones - What a wonderful world"


Voglio, Posso e Devo sono tre ragazzi molto riservati, hanno appena effettuato l'iscrizione al primo anno di giurisprudenza e, malgrado non si conoscano ancora, hanno dei caratteri molto simili l'uno all'altro.
Un giorno come altri capitò che mentre erano in fila per entrare nel bar e spezzare la fame, il più intraprendente dei tre attaccò bottone e da lì iniziarono a parlare e a fare conoscenza. 
"Come vi chiamate?" 
"Io Voglio", "io Posso", "io Devo". 
Un inizio come si può ben immaginare che non poteva essere più imbarazzante. 
Ciascun ragazzo non capiva cosa realmente volessero dire gli altri due con quelle loro risposte, le quali più che nomi propri sembravano dei verbi sparati li senza complemento; e così, dopo un apatico silenzio, si fecero forza e collaborando ruppero il ghiaccio, che subito utilizzarono per un aperitivo. Iniziarono a frequentarsi e, col passare delle settimane, capirono che questo senso di incompletezza si rifletteva sul loro carattere oltre che sul nome e poteva essere lo stimolo a far crescere questa amicizia. 
Era proprio così, si sentivano desiderosi di raggiungere un qualcosa che nonostante i mille sforzi di comprensione, non veniva mai bene individuato dai tre. 
Spesso erano definiti da chi non li conosceva come troppo solitari o poco socievoli, ma loro ben sapevano che questa tecnica era solo uno scudo dietro il quale potevano ripararsi e che sarebbero riusciti a non farne più uso solo con l'aiuto di qualcuno che per esperienza o per qualche strana situazione comune potesse convincerli a metterlo da parte. 
Passò il primo anno, e il trio era sempre insieme nei corridoi dell'ateneo. 
Devo era il vero e proprio leader del gruppo e amava organizzare uscite e sessioni di studio, Voglio e Posso erano meno legati allo scegliere i singoli eventi, ed erano felici di poter vivere questa nuova esperienza comunque si presentasse, mostrandosi sempre accondiscendenti nelle decisioni del primo. 
Devo non avrebbe voluto manifestarsi sempre così preciso, ma il suo senso di responsabilità sembrava come imporglielo. 
Successe che un giorno Posso e Voglio, stanchi delle lezioni precedenti, decisero di saltare l'ultima e farsi un giro nei dintorni dell'Università; la reazione di Devo fu prevedibile, avrebbe voluto che per una volta loro condividessero il suo modo di pensare, e scocciato rimase a studiare dopo aver mostrato il suo dissenso platealmente. 
Si sa come vanno queste cose e ancora di più lo si immagina conoscendo quanto fossero permalosi i ragazzi nella nostra storia, e così da quel giorno il rapporto si raffreddò e iniziarono a limitarsi ad un saluto a inizio e fine lezione. 
Ciò che non si affievolì era il legame fra Posso e Voglio, sempre più uniti l'uno all'altro. Sembravano pensare con una sola testa, e agire con un unico corpo. 
Spesso i loro amici chiamavano l'uno col nome dell'altro: Voglio era ormai come Posso. 
Vivevano ogni situazione credendoci intensamente e immergendosi in ciascuna in modo ogni volta da poterne uscire vittoriosi, lo facevano non per il senso del dovere, ma perché volevano scoprire come sarebbe andata a finire. 
Sapevano di potercela fare per le abilità di entrambi, e per la complicità che era nata e sulla quale avrebbero potuto scommettere. 
Devo si laureò col massimo dei voti, e mai nessuno avrebbe potuto criticarlo o recriminargli qualcosa, la sua forza nasceva da dentro se stesso e da un iter che era già scritto nero su bianco che definiva la sua storia prima ancora che questa stessa venisse vissuta. 
Posso e Voglio, avevano un altro disegno dentro, fatto di sfumature e diverse cromature, luci e ombre, che rendevano pieno di certezze, un percorso ancora sconosciuto, ma bellissimo da costruire, insieme.





E.R.




giovedì 13 novembre 2014

> -"Mi Sento fortunato" - direbbe Google



Musica consigliata: " Che fantastica storia é la vita - Antonello Venditti"


C'era una volta in una cittá dalle mille strade e dagli edifici color pastello, un uomo sempre indaffarato.
Egli riusciva ogni giorno a saturare la sua giornata; il suo lavoro sicuramente lo impegnava molto, ma oltre ad esso altre numerose attività lo portavano ad attraversare la città in lungo e in largo: la sua voglia di fare era davvero inesauribile.
Girava sempre con una ventiquattr'ore di pelle verde e con una sigaretta accesa, che spesso si scordava anche di fumare.
"Ormai é un vizio"- diceva -"Devo averne sempre una in mano"- ma anche lui era poco convinto di questa scusa, si vedeva.
La sua compagnia generava un sacco di stimoli, e osservarlo di mattina presto regalava un "effetto caffè" immediato e duraturo: energia e buonumore si iniettavano istantaneamente nelle vene di chi lo guardava per un risultato rapidissimo.
Claudio, questo era il suo nome, aveva però un grande difetto, era davvero sbadato. Avremmo potuto aprire per lui un ufficio oggetti smarriti: libri, occhiali, sciarpe stravaganti o il SuperSantos da regalare al nipote e che invece si era dimenticato su una panchina, sono solo alcuni esempi di oggetti persi e mai più ritrovati.
Sapeva di essere una persona distratta per natura, ma non era un limite che cercava di curare particolarmente, sebbene ne fosse così consapevole.
Un giorno, uscito dal forno sotto casa, si accorse di sentirsi molto più leggero rispetto al solito. Era meno pesante non solo il suo corpo, ma anche la testa, la quale ancora più del solito, sembrava perdersi in mille giri senza mai tornare sulle spalle.
Ripensò un attimo a cosa fosse successo dentro al panificio, ma non sapendo darsi una risposta e sentendo il bisogno di potersi togliere ogni dubbio, vi rientrò. Varcò l'uscio e suonati i campanelli sopra la porta, tra gli odori croccanti e filoni ripieni di ogni squisitezza, individuò facilmente il motivo della sua leggerezza.
Questo era seduto proprio dietro alla cassa: una ragazza dagli occhi vispi e col naso all'insù, che lo guardava spensierata.
Sulle spalle di lei, un cuore e un cervello giocavano a fare l'angelo e il diavolo come nel più classico dei cartoni animati, rincorrendosi e suggerendole consigli. Claudio aveva scoperto così di aver nuovamente perso qualcosa, proprio quel Cuore e quella Testa, che erano andati a divertirsi con quella sconosciuta che faceva della sua semplicità la sua caratteristica più bella.
A quel punto, sentendosi ancora più leggero, iniziò a sollevarsi da terra come un palloncino. La situazione cominciava a spaventarlo e preso di sorpresa, si attaccò proprio a lei che con garbo gli sfiorò la mano e lo trattenne a se'. "Questi devono essere tuoi"- gli disse sorridendo e riconsegnando al nostro protagonista i due oggetti misteriosi che gli permettevano di riancorarsi a terra.
Diventato completamente rosso si sbrigò a risistemarsi i vestiti e ad uscire salutando a malapena e guardando in basso.
Si era innamorato. Un colpo di fulmine irresistibile che aveva scioccato la sua giornata e lo aveva inoltre lasciato senza pranzo, rimasto dentro la valigetta verde accanto alla cassa.
Sorridente andò a lavoro, sapendo già che ci sarebbe stata un'occasione per poterla rivedere.

  



E.R.




domenica 9 novembre 2014

> Inizia a fare i numeri, per poter contare davvero qualcosa






C'è chi scarica la propria rabbia sul sacco e non smette finché non sente più le mani, e chi va a correre e invece di lottare per un obiettivo va contro se stesso in una sfida fino allo stremo delle  proprie forze; chi incanala i suoi nervosismi sui cuscini e chi si sfoga con il primo passante per strada; chi mangia senza freni e chi come molti, non sapendo davvero dove sbattere la testa, si appella allo scorrere del tempo, unico e fedele galantuomo.
Un po' come l'energia, Lei, la rabbia, non si distrugge, ma evolve in mille sensazioni, dopo che mille altre l'hanno provocata: è un fattore comune, uno step che attraversiamo tutti.
É come una mano che si trova dentro al nostro corpo. 
Inizialmente ne tiene le redini e ci conduce senza farci ragionare, poi col passare del tempo allenta la presa, permettendoci altri sbocchi di pura felicità.
Il nervosismo sale, lo stomaco si torce, le palle girano e la testa fugge, eppure nonostante queste acrobazie, la sensazione di risultare bloccati in quei momenti é la più comune: una netta opposizione che sottolinea quanta confusione si vive in quel momento.
Si riparte da se stessi, col supporto di due, tre amici, ma soprattutto da se stessi, mettendo un piede avanti l'altro e le braccia ben stese per riprendere bene l'equilibrio.
Così passo dopo passo facendo attenzione a non ricadere andrà sempre meglio, fino a quando accetterai l'incontro di qualcuno che ti cinge i fianchi e che con la sua dolcezza rafforzerà la tua stabilità facendoti mettere da parte la tua abilità da circense.
La sensazione di vuoto iniziale viene ricolmata così di stimoli quanto di farfalle, che nello stomaco si sa, devono essere sempre delle colorate protagoniste libere di volare.




E.R.


martedì 4 novembre 2014

> If I lose my self that night




Musica consigliata: " If I lose my self - One Republic"



Questa notte mi è arrivato un sms da un numero sconosciuto, ho sbloccato il telefono e accecato dalla luce fredda dello schermo ho letto:

"Oggi fiorisco sensibile".

A pranzo mentre ero in fila per la mensa, come se fossi illuminato di nuovo dallo schermo ho iniziato a ripensarci.
Un fiore è talmente sensibile alla luce, che non vive senza di essa, lei gli dona vita e lui si sposta nella sua direzione per poterne godere sempre di più.
Mostrando la sua corolla sembra sussurrare: "Sono qui, non serve che mi parli, mi basta guardarti, sei la mia energia. Grazie".
Arrivato al bancone ho scelto un panino senza parlare, indicandolo:  ero troppo immerso nei miei pensieri per poter fare altro.
Una persona sensibile è delicata, ma non sempre fragile. 
Nel momento in cui “sboccia” infatti amplifica tutto ciò che percepisce e se le si vuole essere vicini, bisogna stare attenti a come ci si muove.
Devi aver cura di “innaffiarla” secondo le necessità e stare attento a “non calpestarla”, non si rialzerebbe facilmente.
A quel punto il pranzo era finito e mi ritrovavo a giocare con il cellulare e a prendere qualche appunto.
Ne ero e ne sono sicuro, tutti un giorno siamo fioriti sensibilmente .






E.R.


domenica 2 novembre 2014

> " Tutti quanti voglion fare Jazz ", o almeno ci provano




Musica consigliata: " Cesare Cremonini - Il Comico (Sai che risate)"


Avete presente tutti quei sogni che avreste voluto veder realizzati? 
Tutti quei desideri che eravate certi si sarebbero concretizzati nel modo che più meritavano? 
Nessuno ci aveva detto che sarebbe andata bene, ma dentro di noi qualcosa ci spingeva ad essere fiduciosi, eppure...
Il nostro carattere così come alcuni nostri atteggiamenti, sono nati nella nostra infanzia, ed è proprio lì che potrebbe risiedere la spiegazione a quel lumicino che alimenta le nostre false speranze che si trova nascosto dentro di noi.
Questo possiede addirittura un nome "Walter Elias Disney", più noto come Walt Disney.
Lui fin da piccoli ci ha inculcato in testa che ogni storia finisce bene, e che anche il personaggio più sfortunato della terra ha nello svolgimento e conclusione della vicenda un ribaltamento positivo della situazione che ha un po' dell inverosimile, ma fatto sta che chiedendo in giro, quale fra Topolino e Paperino sia il personaggio più amato, non staremmo neanche a studiare le percentuali di risposta: ci immedesimiamo soprattutto nel papero, che nonostante la voce incomprensibile, ottiene sempre il suo scopo (magari dopo aver lucidato migliaia di monete).
La Numero 1 è sempre ritrovata, Ciccio mangiando e basta riesce comunque a tirare avanti senza problemi, Qui Quo e Qua malgrado l'antipatia a pelle suscitata, sono sempre i leader di ogni hobby a cui si dedicano.
Perché proprio io nella mia vita reale devo fallire qualcosa?
Ma il caro Walt, giá ce lo aveva fatto capire con qualche messaggio velato che tutto sarebbe stato da prendere con le pinze; basta pensare al suo capolavoro, che già nel titolo doveva allarmarci e farci mettere tutto in discussione: Fantasia.
Il coccodrillo e l'ippopotamo che riescono a ballare con leggiadria, sono stati poi l'ennesimo campanello d'allarme per il quale i nostri genitori finito ogni cartone o ogni fumetto, avrebbero dovuto farci ripetere "Non è detto che vada proprio così. Non é detto che vada proprio così... ".
Come recita ogni foglietto illustrativo poi, si sa che dopo un po' l'effetto Disney potrebbe svanire, ma per questo ci viene in aiuto il periodo natalizio, che con il suo  palinsesto televisivo rimasto invariato ormai già da qualche anno, ci permette di reintegrarci con un bombardamento di fiabe degno di questo nome.
Da Balto alla Carica dei 101, da Biancaneve a Robinhood, veniamo ricaricati di "C'era una volta" e di "Vissero felici e contenti" in modo da poter superare l'anno che verrà con la giusta dose di zuccheri.
Principi, principesse, draghi sconfitti e animali parlanti sono i frutti di un genio davvero incontenibile, non potremo mai davvero resistere dal cantare "Romeo il meglio gatto del Colosseo" quando quel bel micione lusinga la sua Giulietta dal pelo bianco e morbido, però poi quando qualcosa nella nostra vita di tutti i giorni non va proprio come dovrebbe andare, dobbiamo sapere che non basterá mai la "Crema di crema alla Edgar" per saziare qualche vuoto.
Allora in alternativa, sarà il caso di inventarsi qualcosa che non sia "fantastico" perché completamente fuori dall'ordinario, come ciò che i cartoni raccontano, ma che sia "fantastico" come una vista mozzafiato alla quale nonostante un percorso impervio vale la pena poterci arrivare, un fantastico che sia disponibile più di un finale disneyano e che permetta anche a noi di poter fare Jazz.








E.R.



giovedì 30 ottobre 2014

> "Se stava mejo quanno se stava peggio"


Viviamo in un periodo triste, buio, in cui la cultura gioca a rincorrersi in un labirinto senza uscita insieme ad un Minotauro col doppio taglio e dai colori fluo. 
Questo è quello che la gente mormora e sostiene (anche solo per il gusto di farlo) seguendo la virtuosa massima "se stava mejo quanno se stava peggio".
Eppure Dante oggi sarebbe entusiasta; la sua fantasia non si fermerebbe al girone degli Ignavi e a quello dei Lussuriosi, ma galopperebbe in una prateria senza limiti in cui non basterebbe un solo blocco ad anelli per annotare ogni minimo spunto.
Lo immagino con dei tatuaggi che richiamano frasi incomprensibili, magari in latino, e vestito senza il solito cappuccio rosso, ma molto casual. 
Potrebbe fare rap, divertendosi a farci fantasticare un mondo diverso semplicemente giocando con i suoi endecasillabi. Questo sarebbe pieno di creature che prenderebbero vita con qualche parola in rima e con la sua capacitá di costruire vere e proprie fotografie nella nostra mente. 
Nessuno più lo censurerebbe, e avrebbe più fan di Shakira e Lady Gaga su Twitter, dove spopolerebbe l'ashtag  #guelfinelcuore.
Per quanto riguarda gli affetti invece, inizierebbe a mettere in dubbio la sua Beatrice. 
Se a lei infatti piaceva giocare a farsi inseguire, nascondendosi tra Paradiso e Purgatorio facendosi vedere a giorni alterni, lui nel XXI secolo non potrebbe più colmare il suo desiderio con immagini angeliche e sonetti, accontentandosi di pochi sprazzi di lei. 
Dante avrebbe voglia di acquistare un Coupon per un ristorante all-inclusive o condividere con lei una Smartbox in qualche luogo sperduto con il massimo della passione, per viverla come merita, ma per far questo avrebbe dovuto continuare a rincorrerla in questa sua fuga senza motivo, ma il nostro rapper era innamorato, non un free-runner e lei alle lunghe avrebbe dovuto capirlo.
Anche il naso per il quale tutti lo abbiamo preso in giro non sarebbe per lui più un problema, con un dayhospital anche questa situazione sarebbe risolta senza complessità e magari in compagnia di un'infermiera dalle mille attenzioni.
"Non ti fidar di loro, ma guarda e passa" sarebbe stato il suo stato su Whatsapp, incurante in questo modo di ogni accesso e visualizzazione, dovrebbe riuscire a vivere forse ( "Del doman non v'é certezza - L. De Medici") più sereno. 
Sperando perciò che il successo non gli dia di nuovo alla testa e che nel mezzo del cammin della sua vita non si ritrovi nuovamente in una selva oscura (perché si sa che "ai giorni nostri" non sia la cosa più raccomandabile) dovremo iniziare a pensare seguendo la sua falsariga ad un nuovo girone per tutti coloro che non sanno apprezzare la nostra quotidianità; magari per poi inviarglielo tramite un corriere vecchio stampo come Caronte, una certezza che al giorno d'oggi invece sarebbe invidiata per velocità e stile: Poste Caronte, più sicure della morte.






E.R.



domenica 26 ottobre 2014

> L'ora illegale

La prima é mora, alta e slanciata, in possesso di quella camminata magnetica capace di far ruotare il collo di ogni persona al suo passaggio, donne comprese. Nessuno l'ha mai vista senza occhiali da sole, anche nelle giornate più grigie.
Dire fascinosa per descriverla, é dire poco.
La seconda é certamente più bassa, dotata di un sorriso dalle mille sfaccettature, capelli rossi, tinti, e occhi verdi, veri.
Sono due sorelle così legate, eppure sempre così lontane fra loro.
Sebbene le conosca fin dalla nascita, non ho mai capito quale delle due sia in realtà l'amica sincera capace di farmi dormire un'ora in più.
Di certo c'é che sono affascinato da questo poter comandare il tempo.
Tutti in quei due giorni all'anno spostano la lancetta dell'orologio cancellando o aggiungendo un'ora, dimostrando allo scorrere dei minuti che siamo stati noi ad inventarlo e che possiamo variarlo quando vogliamo.
 In effetti sarebbero tanti i momenti che col metodo "ora in più-ora in meno" avrei sinceramente aggirato durante la mia vita, facendo un salto a piè pari proprio sopra di essi.

"Non può chiamare proprio me, ce ne sono altri 15!", mi ripetevo autoconvincendomi con la grinta che neanche in un corso motivazionale ti insegnano ad avere, ma ascoltando il mio cognome e vedendo lo sguardo della professoressa fisso su di me, smontavo il solidissimo castello di carte appena innalzato: era l'interrogazione senza aver studiato, quella che ti regala in omaggio blocco allo stomaco, brividi e sguardo vuoto. 
Una sensazione unica e per fortuna irripetibile, capace di essere interrotta solo da quella campanella dal suono "caldo e armonioso". 

Altro momento "sensibile" può essere legato alla prima fidanzatina, quella bionda della classe accanto, che piaceva a tutti e che poi era uscita anche con me. Innamoratissimo e balbettante io, furbetta, gagliarda e così esperta lei. 
Così tanto da ritrovarmi qualche settimana dopo, rimandato al mittente con un lungo e fastidioso timbro sulla fronte che dice "ti lascio perché ti voglio troppo bene" con l' alternativa del momento di riflessione, che fa così chic e rimasto solo con la sensazione di pieno frastuono perché innamorato e impotente. 

E non parliamo dello sport. 
"Ragazzi sapete quanto può essere importante questa vittoria per noi, dentro o fuori, ci giochiamo tutto!". Ma altro che vittoria o sconfitta, lo sapevo bene io per cosa stava quel dentro o fuori: o sarei stato capace di lasciare fuori dal palazzetto i miei pensieri e le preoccupazioni, oppure gli altri in questa giornata così importante avrebbero fatto a meno di me. Dovevo concentrarmi, prender la squadra per mano, e ognuno avrebbe fatto il suo. 
Le gambe molli, lo stomaco vuoto, la mente congelata. 
Dovevo fare qualcosa. 

Se avessi saltato tutti questi momenti, avrei imparato una disciplina olimpica con tutto questo allenamento e forse vinto anche qualche premio in compagnia però di un'asta che avrebbe avuto molti più attributi di me. 
Di certo non avrei battuto e ribattuto la testa. E anche lì solo un fattore é servito per far passare il dolore: il Tempo.
Ancora una volta ci si appella a lui e al suo trascorrere, ma purtroppo o per fortuna, solo due volte all'anno può essere alterato sistematicamente.





E.R.


mercoledì 22 ottobre 2014

> Prima il piacere, poi il dovere, ma poi di nuovo il piacere




Tra le cose belle della vita due ritengo che possano svettare nettamente sulle altre nella mia speciale classifica, e sono i verbi Amare e Mangiare.

Si dice che da come una persona si muova mentre stia ballando si possa capire come essa stessa faccia l'amore con il suo partner. 
Non sono in disaccordo nè in accordo, poichè il mondo è pieno di eccezioni.
Ma di una cosa sono certo, è possibile individuare un legame simile fra Amore e Cibo.


"..Sono contento abbiate gradito, posso consigliarvi un dolce per concludere la serata?"
"Si, davvero volentieri!"
"Panna cotta, torta della nonna, o tortino con cuore caldo al cioccolato? Sono tutti fatti dai noi, freschi di giornata"


Il classico, la tradizione e la passione.

La panna cotta é di colui che non vuole rischiare di affondare in un sapore estraneo e conturbante, e vuole sentire sul palato strusciare quel cucchiaino d'acciaio che ci ha visto nascere col "gioco dell'aereoplanino" che ci facevano i nostri genitori e ci accompagnerà da anziani mentre mangiamo la triste mela cotta, unica amica dei denti non più al top della forma. 
"Panna cotta": stesso numero di lettere, vocali e consonanti, due coppie di queste ultime in ciascuna delle due parole che ci danno simmetria e sicurezza. 
Non voglio sbagliare, portamene una porzione, di delusioni non voglio sentire parlare.
La torta della nonna, usando una citazione "é un Must", voglio prenderla per sbriciolarmi, e ripensare ai Miei che mi dicono, mangia seduto composto, sporca solo dentro al piatto. 
Servita con o senza pinoli, ci sono due sensazioni diametralmente opposte legate a questo dolce che mi permettono di raggiungere l'apice del piacere (possibili da vivere come momento finale o all'assaggio del dessert stesso): la prima, rompere il bordo friabile e sentire la dolcezza di quell'impasto fatto col cuore di qualche mamma e i pensieri di qualche gallina dalle uova d'oro;
la seconda, togliere ogni striscia di pasta frolla per poter mangiare col cucchiaino la giallissima crema pasticcera che dà energia al solo pensiero. 
Che sia per mezzo di flash-back, deja vu o anticipazioni, questa torta ci accarezza come una nonna che ti vizia e ti offre un'altra fetta d'amore. 
Non voglio sbagliare, portamene una porzione, mi nascondo sotto la tua gonna e al resto pensaci tu.
Il tortino al cioccolato è godurioso, da amare.
Va bene per chi è più freddo e vuole essere intiepidito e per chi è già caldo, ma non ne è mai sazio. 
É il tipico dolce per il quale "si trova sempre posto", anche a conclusione di una sontuosa abbuffata.
Spolverato di zucchero a velo, ma amaro di Dna, compatto fuori e avvolgente dentro. 
É l'amante che non esteriorizza mai i sentimenti al di fuori della coppia, ma che nell'intimità tiene stretta la sua lei con passione vera, la fa girare a ritmo di latino americano e le sussurra  parole leggere fino a farla sciogliere. 
Fondente per chi sogna dopo aver storto la bocca, bianco per chi di dolcezza non è davvero mai sazio, al latte per chi almeno per il momento non vuole prendersi l'onere di rischiare.
Non voglio sbagliare, portamene una porzione, fatti travolgere e fatti fare l'amore.








E.R.



giovedì 16 ottobre 2014

> L' @tesa


-"Corri!Corri!Corri!"- ripetevo dentro di me come se così facendo potessi raggiungere una velocità maggiore. 
-"Devo assolutamente evitare di fare l'ennesima figura, altrimenti anche stavolta mi inonderà con un fiume in piena di parole che non potrò mai fermare". 
Mi sembrava di essere dentro una canoa.
Un po' per questo darmi il ritmo per provare ad accelerare il passo e un po' perché impreparato a sopportare dei veri e propri minuti di rafting livello-esperto provocati dalla mia Lei.
Sarebbe stata capace di inondarmi in men che non si dica con i suoi super classici che tutti una volta nella vita hanno sentito :"Sei sempre il solito", "Non ti interessa niente di me", ... .
Ma arrivai avanti al locale e Lei non c'era: si pronosticava un'interminabile attesa, ma stavolta a parti invertite.
L' Attesa.

C'è chi è sempre frenetico e impossibilitato ad aspettare tanto da aprire a tre a tre le caselline del calendario dell' Avvento e godere del cioccolatino speciale del 25 Dicembre intorno a metà mese. 
Chi nel ritardo dei propri amici gode nel rifarsi la doccia e prendersi gli ultimi minuti per cambiare di nuovo il look e mettere sottosopra l'armadio. 
Chi prepara la presentazione in PowerPoint due mesi prima dell'evento e poi passa il periodo restante a modificarla perché perenne insoddisfatto. 
Chi gioca a carte e chi non ce la fa proprio a resistere al richiamo dell'ultima applicazione piena di colori e suoni consigliata dall'AppleStore.
Perché l'attesa è una brutta bestia, guai a chi dice che "attendere rende tutto più bello".
La persona che si pronuncia così, o già ne ha goduto, o gode nel farti aspettare: è il "solito sadico".

"La donna vuole farsi aspettare", " L'uomo lo ha imparato e ora è lui a farla aspettare", "Prego, si rilassi nella sala d'attesa, il dottore sta per riceverla".
Queste appena scritte sono tutte frasi che si collegano a questo ambito, e sono tutti forti controsensi.
La donna vuol farsi aspettare perché vuole valorizzare il momento dell'incontro col suo partner, e al contrario di ciò che vuole far credere, possiede realmente una voglia matta di passare del tempo con lui.
Quest'ultimo invece non sarà mai così organizzato da decidere in ogni occasione se fare ritardo o meno, è nella sua natura agire secondo l'inerzia della situazione e goderne il più possibile.
Per quanto riguarda la sala d'attesa (quella del dentista per esempio), basta chiedere ad un bambino se riesce lì seduto a rilassarsi mentre aspetta il suo turno.

Le lancette di un orologio sebbene abbiano imparato a viaggiare con due velocità differenti si incontrano sempre, e quando lo fanno si danno un piccolo bacio prima di risalutarsi, lo fanno con serenità perché sono certe del fatto che si incontreranno nuovamente e riavranno la loro intimità.

L'unica attesa positiva è quella legata alla certezza.



                               



E.R.





domenica 12 ottobre 2014

> Un accendino in una tasca e una risposta pronta nell'altra


Musica consigliata: "Discolabirinto - Morgan ft Subsonica"



Roma 02:15 inizio ottobre

13 minuti in piedi, prendo dalla tasca il telefono giusto in tempo per mandare un sms ad Alessia e dare una sbirciatina al suo profilo Facebook e vedere, rialzando lo sguardo, che una folla intorno a me era comparsa dal nulla.
Ero stipato in mezzo a camicie bianche, tacchi alti e tanta smania di entrare in un posto che avrebbe regalato euforia pura.
Avevo così tanti brividi che attraversavano la mia schiena per il freddo che nemmeno nei peggiori giorni di Gennaio ne avrei sentiti di così fastidiosi.
Avrei voluto portare la giacca che mi era stata regalata lo scorso anno dai miei al compleanno, ma Paolo non era d'accordo, aveva insistito fino alla fine.
Sarebbe stata la nostra prima serata libera dopo settimane e non avremmo dovuto perdere nemmeno un attimo avanti al guardaroba, del resto, avevamo il portabagagli del suo nuovo bolide a GPL, perché avremmo dovuto spendere i nostri soldi quando avremmo potuto berceli qualche minuto dopo?
Peccato che il mio buon amico non si fosse solo accontentato di farmi congelare di fuori, l'Infame era riuscito già da qualche minuto ad entrare nel locale.
Aveva adocchiato alle liste la cugina della sua vicina, quella da sempre innamorata di lui, ma che lui non aveva mai tenuto in considerazione.
Lei in un attimo era stata eletta "Svolta della serata" e si erano dileguati all'interno risucchiati dalle vibrazioni di un esercito di subwoofer, dai finti sguardi languidi (almeno da parte di uno dei due) e soprattutto spinti dal mio buonismo del quale come al solito non mi capacito ( "Vai, vai tranquillo"- gli avevo detto mordendomi però la lingua).
Finalmente si entra.
La serata era già iniziata e la musica e l'atmosfera erano in antitesi con il freddo che avevo lasciato di fuori.
Ecco che mi trovo avanti Paolo con un paio di drink in mano, accompagnato da altrettante ragazze che avevo già visto con lui in facoltà.
Fluorescenti e forti erano i due bicchieri, fluorescenti e forti erano loro due.
Queste dopo un bacio sul bordo del labbro inferiore, mi chiedono da accendere, e un po' del mio Japanese.
Le guardavo inebetito cercando un argomento intelligente per aprire una conversazione, anche se forse sarebbe bastato rilanciar loro qualcosa sulla scomparsa delle mezze stagioni o sulla ruota che non gira mai dalla parte giusta: nessuno aveva realmente voglia di prendersi sul serio, quantomeno io.
Avevo mille pensieri che accorrevano dentro di me e l'impaccio sembrava aumentare quanto la mia lingua continuare a contorcersi.
Guardavo Paolo chiacchierare con le sue amiche con una spontaneità inarrivabile, e solo ad allora improvvisamente tutto dentro di me si sciolse.
La musica era quella giusta, le luci non mi accecavano e finalmente avevo trovato quello spazio in cui poter ballare senza rischiare di dover discutere con chiunque passasse di lì.
Le mie gambe si muovevano da sole seguendo il ritmo giusto, e Paolo e le due ragazze col mio stesso tempo mi sorridevano in senso d'approvazione: era davvero la serata giusta.
Mi guardavo intorno e nonostante la moltitudine di gente, avevo ormai preso i miei punti di riferimento in quel paese dei balocchi: il tizio hipster col papillon, la ragazza maggiorata che si muoveva nella pista circondata dall'immancabile orda di lupi affamati, il Dj part-time che si divideva fra la console del locale e lo shaker delle patatine del fastfood dalla grande M gialla.
Era una realtà bellissima, non pensavo davvero a niente, ma fu proprio allora che tutto terminò, risucchiato dallo scratch del dj.
Scomparvero nel nulla la consumazione, la musica, e la fluorescenza delle due ragazze.
Scomparve la sensazione di onnipotenza insieme a tutti i miei punti di riferimento e rimase solo Paolo, che mi sorrideva fischiettando mentre mi accompagnava alla macchina con quei i brividi che piano piano iniziavano a riaffacciarsi.
Mi guardò sorridendomi e passandomi con due dita un fogliettino col numero della mora che da solo non sarei mai riuscito a conquistare, accennai un sorriso: ci intendemmo.
Dopo qualche passo arrivammo alla macchina senza parlare, divertiti dalle scene che ci circondavano. -"E ora? Dolce o salato?" - mi chiese una volta aperta la macchina mentre mi passava la giacca.
-"Pizzette rosse!"- gli risposi senza esitare, sorridendogli in anticipo per quello che sarebbe stato un finale ancora più dolce.


                               





E.R.



domenica 5 ottobre 2014

> Prova a scrivere Quore, e non passerà mai inosservato


Se Margareth aveva il cuore scalzo, allora le altre persone che cuore avevano? 
Mi guardai intorno e iniziai a prendere appunti, sul mio solito rovinatissimo taccuino, cercando di riordinare idee più confuse di me.
Nelle prime pagine era annotata Teresa, la donna col cuore-Moka.
Questo si differenziava dagli altri organi pulsanti per le sue molteplici evoluzioni nel tempo.
Viveva una fase iniziale, di preparazione, bisognosa di mille attenzioni.
Il cuore-Moka necessitava di essere riempito da una giusta miscela della quale non si doveva mai esagerare nelle quantità e per la quale bisognava abbondare con l'ispirazione.
Poi, dopo che per molto tempo non sembrava esserci stata reazione, vi seguiva un periodo in cui suono e odore attiravano la tua attenzione in maniera incontraddistinta fino ad entrarti dentro, riscaldandoti e iniziandoti a dare vera e propria dipendenza appropriandosi di ognuno dei tuoi sensi.
Angelica possedeva invece il tipico cuore-Cornetto Algida che, proprio come il più famoso tipo di gelato, non era composto dai migliori ingredienti nè possedeva un gusto unico nel suo genere.
Questo però era in grado di regalare pura assuefazione, donando sempre lo stimolo di mangiarne un po' e la gola di non fermarsi mai al primo cono.
Il parallelismo da frigo continuava poi fino ad arrivare all'ultimo morso, quella "punta di cioccolato" che delizia il palato e ti regala le chiavi di quel suo mondo. 
Ricordo Alessia, che non aveva un cuore, ma un Timer capace di pulsare e sprigionare sentimenti dosandoli ai limiti della paranoia.
Mi amava come nessun altro aveva fatto in quei momenti, ma suonata quella sveglietta dal suono antipatico e freddo, si alzava, riallacciava fino all'ultimo i bottoni di quella sua camicia celeste, che tanto avevo decantato, ed esclamava andandosene:
"Arrivederci e grazie. Si ricordi di tornare a trovarci o, anzi.. Meglio che non lo faccia almeno per un po'!"

Verso la fine delle mie note c'era poi Lei.
Non ricordarsene il nome è in effetti davvero imperdonabile, ma questa dimenticanza era tuttavia colmata da una costante presenza dentro di me: il suo cuore-Finestra.
Questo esemplare, in base alla stagione dell'amore che stava vivendo, aveva la capacità di adattarsi in maniera camaleontica a ciò che lo circondava.
Se immerso nell'inverno, si chiudeva senza far passare uno spiffero di sentimento, e se invece l'atmosfera iniziava a scaldarsi, diventava trasparente permettendo di vedervi attraverso e di godere a pieno di tutto ciò che solo lui poteva mostrare. 
Chi poi non ha conosciuto una persona dal cuore-alcolico come Fra. 
Questo invece di pulsare solamente, tendeva davvero a bere di tutto.
Shots, lacrime e sentimenti lo affogavano mentre lui rimaneva lì, insaziabile, continuando a gonfiarsi e a passare domeniche mattine malinconiche in cui l'unica cosa che riusciva a bere era la bottiglia di vetro che veniva riempita d'acqua e riposta in frigo dalla madre.
- "È pesante portare una cassa d'acqua dal supermercato a casa, devi accontentarti della bottiglia nello sportello del frigo" - Le diceva proprio il genitore, ignorando il fatto che quel suo cuore stava iniziando a pesare più delle sei bottiglie di oligominerale che avrebbe dovuto acquistare. 

Non sarà mai possibile eleggere il cuore migliore, ognuno ha il suo vincitore in base alle proprie ambizioni e non è detto che rimanga quello per sempre.   
Hai mai provato ad avvicinarti così tanto da addormentartici sopra ed avere solo quel battito in testa? A me non é mai dispiaciuto e non riesco ad esserne mai sazio.







E.R.






mercoledì 1 ottobre 2014

> Ti Amo o t'Ammazzo



Musica consigliata " Ti amo o ti ammazzo - J ax"


C'erano una volta una cicala e una formica. 
Era il periodo estivo e la cicala, dopo una settimana di festini e Spritz si ritrovò serena e spensierata a prendere il sole distesa sul muretto a secco vicino la casa della formica. Questa era tornata da circa una settimana dalla casa al mare dove fin da bambina passava le vacanze. Solita comitiva di amici, stessi locali e stesse emozioni serene ogni anno. Lei amava puntare ad un'euforia non smodata, quel poco più dello stretto indispensabile che la faceva ugualmente stare bene. Sdraiata sul muretto la cicala rivedeva sul suo smartphone le foto della vacanza, mentre taggava i nuovi amici, per rifar vivere loro le emozioni provate insieme. La formica invece dopo aver comprato un'agenda rossa in eco pelle nella cartoleria di zona, inizio' a programmare le cose da fare da lì in avanti per evitare di scordarsi tutti i suoi appuntamenti. Era un venerdì, e quel weekend passò davvero in fretta. 
Lunedì mattina però, per la prima volta nella fiaba, i nostri due personaggi furono accomunati da una stessa profonda sensazione. Capitò che infatti si svegliarono di soprassalto a causa di un rumore e si gettarono in strada per vedere cosa fosse quel trambusto. Erano i camion di una ditta del bosco oltre la collina, su di essi la scritta "traslochi" di un celeste acceso risaltava su un rosso scolorito. 
I due non fecero in tempo a guardarsi fra loro per trovare un gesto di intesa, che si presentò loro un bruco accompagnato da tutta la sua famiglia. Ora, per quanto non riuscirò a convincervi, vi dirò come la figlia del signor bruco, era una delle creature più belle che madre natura avesse mai creato. Occhi incantevoli, voce piacevole ed un corpo che regalava sensualità ad ogni movimento. 
Cicala e formica erano letteralmente persi della nuova vicina, e una volta passato il periodo di sbigottimento, a giornata ormai avviata, entrambi non riuscirono a staccare mai la testa dall'immagine che aveva dato un così forte slancio alla loro giornata. 
Sebbene i due fossero così diversi fra loro, risultavano singolarmente caratterizzati da aspetti realmente piacevoli ai quali nessuna persona avrebbe potuto davvero resistere. Loro erano consci di questa loro potenzialità e ciò li faceva sentire di poter essere ottimisti nel far colpo su di lei. 
Col passare del tempo si resero conto di aver davvero ragione, se la cicala le faceva apprezzare ogni lato della Notte, trasformandola nella vera e propria regina di ogni festa facendola invaghire del suo modo di ballare e dei suoi sguardi, la formica invece, non solo la prese per la gola, ma si rese una incessabile fonte di stimoli come viaggi, posti esotici, e chiacchierate fino a tardi che non potevano far altro che creare tra di loro un'intesa senza precedenti. 
Era la continua ricerca del modo di stupirla che li accomunava, questa non era nervosa e fornitrice d'ansia, ma unica e sola portatrice di un'inebriante dimostrazione d'amore. 
Come prevedibile anche se inaspettatamente qualcosa ruppe gli schemi, e così successe che in una sera d'inizio Marzo, entrambi furono invitati da lei per un'uscita. Non sapevano cosa volesse proporre, né che entrambi avessero ricevuto il medesimo invito; la cicala e la formica si incontrarono così nel piazzale della valle, alla semplice vista, come immaginabile, l'aria era diventata davvero pesante, questi non si odiavano, ma non potevano davvero capire come sarebbe potuta evolvere la situazione all'arrivo della loro amante. Ci fu silenzio. Poi il cielo si illuminò, venne aria di primavera, e dei brividi li attraversarono, e solo a quel punto, i loro occhi si aprirono come non mai. 
Una farfalla dai mille colori e le incredibili fantasie li attraversava sopra la testa sorridendo loro e volteggiando con una leggiadria che poteva essere riconducibile solo alla persona che fino a quel momento li aveva tanto amati. "Tutto questo é grazie a voi"- suggerì loro -"Ogni momento ha disegnato un'armonia sulle mie ali, rendendole uniche e invidiabili agli occhi di tutti!".
 C'era stupore sui loro volti, ma non solo, per la seconda volta nella nostra storia, entrambi avevano una stessa sensazione: i loro corpi erano semplici contenitori per un implacabile turbinio di emozioni contrastanti che spingevano per riportala a loro, anche se allo stesso tempo sapevano che non sarebbe mai stato possibile.






E.R.



domenica 28 settembre 2014

> Diversa.mente. è dire bugie in maniera insolita



Musica consigliata " Nothing - The Script "


Alcuni giorni nasciamo ancora più supereroi del solito.
Non parlo di occhi laser, super velocità, o quant'altro, ma di questo nostro umano pensiero di sentirsi così speciali: ognuno capace di poter cambiare una situazione per il semplice fatto che
 "Lui, é proprio lui", e niente e nessuno lo può scalfire.
Questo pensiero nonostante non sia il più umile, lo credo comunque davvero ricco di virtù, perché ci regaliamo importanza, accrescendo fiducia in noi stessi.
- ( salvo poi sdraiarci per terra sconcertati quando la peggiore delle ipotesi prende forma, ovvero che non cambiamo proprio un cazzo, e che ci tocca abbassare lo sguardo e camminare con la famosa coda tra le gambe ) -
In questi momenti ti senti un Don Chisciotte che lotta contro i mulini a vento, che si sente talmente chiamato in causa e legato alla situazione che sta vivendo da uscirne sporco di farina e con qualche livido di quelli che non si sa mai da dove siano usciti sparsi qua e là.      
Alla domanda retorica più ovvia "Ma perché deve succedere proprio a me?" Quindi rispondiamo in coro ancora più ovviamente "Perché a qualcuno deve pur succedere!".
Non dobbiamo far altro che prepararci sempre a vivere l'inaspettato, senza averne paura, con un cuore da leone è un fegato ancora più grosso, da far invidia anche al supereroe con la tuta lucida e la mascherina che invidiavamo da più piccoli.
Una notte tornando a casa nella mia "Gotham City",camminando dopo aver sconfitto tutti i nemici e aver ricevuto le chiavi della città e le massime onorificenze dal sindaco, ho sentito una mamma sussurrare al figlio :"Ascoltami bene, qualsiasi cosa accadrà se mi troverai in fin di vita, non sarà mai perché mi sono sentita stanca della vita, perché anche per te, le voglio vedere tutte senza paura alcuna, mamma é una guerriera ".
Lui la guardava arricciando il naso e aggrottando le sopracciglia, ma il giorno dopo nel saggio breve dal titolo "i miei supereroi", avrebbe saputo cosa scrivere.








E.R.



martedì 23 settembre 2014

> Su internet si scrive con l'inchiostro non a matita




Musica consigliata : "Alanis Morisette - Ironic"




"Perché alla fine ciò che gli hai dato lo riprendi, né più né meno, agli uomini piace così, io li conosco bene!"
(Manuela, 13 anni)
"Guarda che questa cosa che hai fatto, avrà le sue ripercussioni su di te, lo dice pure la fisica, e io la studio da anni".
( Giorgio, 14, quasi 15 anni)



Margareth e Max, non avevano solo le prime due lettere del nome in comune, le loro vite erano ormai giocoforza intrecciate come un cesto di vimini: da soli fragili, insieme così resistenti. 
Amavo osservarli quando si mettevano alla prova fra di loro.
Si provocavano fino ad arrivare ad un passo da ciò che poteva far innervosire l'altro, e a quel punto, con un solo semplice gesto, si riconquistavano, inebriati dalla fiducia che l'uno riponeva nell'altro, nonostante questo giocare ad essere come cane e gatto.
Col passare del tempo la vita li aveva messi sempre più alla prova e loro, come da definizione, sono sempre riusciti a ristabilire il loro equilibrio trovando però la necessità di dare una loro variante a questa definizione.

 def:   Equilibrio: "si definisce in questo modo, lo stato di quiete di un corpo".


Sì, perché se non fosse che in amore i corpi sono come minimo due e non uno (dobbiamo tener conto infatti di qualsiasi dinamica), e che mettendoli in quiete non credo si possano ottenere grandi risultati, Margareth e Max hanno deciso di ridefinire tutta quel poco di fisica imparata al liceo, dalla cara prof De Pretis.
"Bisogna iniziare ad introdurre qualche altra definizione che sia più aderente al nostro mondo" - Gli disse lei una volta indossati gli occhiali da vista con la montatura leggera che facevano impazzire letteralmente il suo uomo - "Per esempio, te le ricordi le Forze Apparenti? Potrebbero esserci d'aiuto!"

def: Forze Fittizie o Apparenti : " si definiscono come le forze utili a permetterci di ripristinare l'equilibrio"

espose Margareth in maniera leggermente titubante (erano passati anni da quella lezione, non poteva davvero ricordarsi tutto a menadito). " Io e te siamo bravi a trovare le forze fittizie che regolano il nostro amore". Max la guardava stupito e allo stesso tempo incuriosito da come il tutto stesse prendendo una piega inaspettata. D'altronde poi, come poteva non ascoltarla?
 "La nostra storia - riprese lei -  non va avanti per inerzia, vince ogni forza che vuole portarci verso il basso, proprio come la gravità!" Esclamò soddisfatta della metafora calzante appena trovata, mentre lui continuava con un sorriso sornione a guardarla interessato.
Al contrario delle leggi e dei postulati della fisica, Margareth andava interpretata, non bastava leggere sul libro per conoscerla e non c'era un tempo definito dopo il quale si poteva dire "la conosco".
Questo in verità sarebbe piaciuto a Max, sarebbe stata una cosa pratica come leggere la data di scadenza su un prodotto sul suo retro, ma era allo stesso tempo vero, che ogni giorno era curioso  di scoprirla e di far evolvere il suo pensiero a riguardo.
"La ricerca dell'equilibrio non può essere scontata, e la serenità e la felicità tantomeno, l'amore è come il rapporto fra uno chef e un suo risotto, egli deve girarlo, curarlo, aggiungere liquidi e grassi, ma anche un condimento adeguato, affinché questo venga saporito e gustoso" lui la pensava così.
Max e Margareth insieme avevano così imparato anche a cucinare, alternandosi a coccolare quel favoloso manicaretto che ormai da qualche anno era in preparazione, e che meno che mai li saziava.

















 E.R.




lunedì 22 settembre 2014

> Se avessi peli sulla lingua, per iniziare non ti bacerei



Musica consigliata " Gotye - Somebody That I Used To Know"



"Ma no!! So che lo sai!"- le ridisse il regista sbattendo gli appunti e togliendosi le cuffie. "Devi seguire il copione!" - "Se ti diciamo che è così, fallo, no ?!?" - "Abbiamo costruito insieme una scaletta, la devi rispettare, è semplice!". Se vi raccontassi la sua faccia? Era proprio li avanti a me: epocale. Era incredula, un po' pensierosa, e molto, molto desiderosa di capire perché il tutto le si stringeva intorno con un senso di costrizione da far invidia al più sincero dei claustrofobici. Ogni cosa in quel momento la opprimeva. Adesso il copione e la rigidezza di un monologo ben impostato, a casa Marta e Silvia con le loro prediche. Loro, le amiche, esclamavano in continuazione: "Ti ci sei lasciata? E allora basta!" - "Ha voluto prendere in mano lui la situazione? E allora fagli fare l'uomo, si farà avanti lui!"-"Guarda che tu meriti ben altro cazzo!"-. Si, la parolaccia ci stava, perché la tensione era davvero alta da quando lui aveva deciso di lasciare tutto quanto, compresa lei, la quale a questo punto non poteva fare altro che essere bombardata dai loro consigli-boa constrictor. Lei sapeva che la cosa giusta sarebbe stata quella di seguirli alla lettera, staccare il telefono e rigenerarsi svagando il più possibile in una serata goliardica e un po' cafona, ma lei non volevo farlo. Non li sentiva suoi quei consigli, non li sentiva proprio aderenti a se': un vestito largo in cui ti giri e ti rigiri, ma che sebbene adatto, non calzerà mai. Lui era nella sua testa e lei lo amava ancora, era certo. Doveva fare qualcosa. Decise perciò di fermarsi, di prendere per mano se stessa e le sue due amiche e uscire finalmente fuori dai cliché, abbandonando lo schema classico e decidendo lei di fare ciò che realmente voleva. Andarono tutte e tre nel parco del primo bacio, il posto che in assoluto la faceva stare meglio, e lì, aiutata da un'enorme insalata di riso e del buon vino iniziò a riscrivere una nuova storia, un nuovo copione, basato sul passato, ma proiettato al futuro, finalmente di nuovo coerente con un attrice che voleva diventare di nuovo protagonista.







E.R.